Esistono molte parole di Liberazione e Resistenza antiche parole che assumono nuovi significati e nuove parole che risuonano di echi del passato e si incarnano nel presente, tessendo futuri possibili. Ce lo ha insegnato il professore Vito Teti e con la sua «Restanza» ci accompagna oggi, in questo 25 aprile che batte in cuore più forte che mai.

“Perché restanza denota non un pigro e inconsapevole stare fermi, un attendere muti e rassegnati. Indica, al contrario, un movimento, una tensione, un’attenzione. Richiede pienezza di essere, persuasione, scelta, passione. Un sentirsi in viaggio camminando, una ricerca continua del proprio luogo, sempre in atteggiamento di attesa: sempre pronti allo spaesamento, disponibili al cambiamento e alla condivisione dei luoghi che ci sono affidati. Un avvertirsi in esilio e straniero nel luogo in cui si vive e che diventa il sito dove compiere, con gli altri, con i rimasti, con chi torna, con chi arriva piccole utopie quotidiane di cambiamento.

Restare è legato all’esperienza dolorosa e autentica dell’essere sempre fuori luogo, proprio nel posto in cui si è nati e si abita o a cui si sente di appartenere. Non esiste, forse, spaesamento, sradicamento più radicale di chi vive esiliato in patria e combatte una lotta quotidiana, fatta di piccoli gesti per salvaguardare e proteggere i luoghi che potrebbero essere loro sottratti non da chi arriva da fuori, ma da chi vi abita dentro come un’anima morta.

Restare, allora, non è uno slogan né un proclama. Si può affermare un’utopia delle piccole cose che richiede pazienza e cura, circospezione e tenacia, attenzione e apertura, senso di responsabilità e discorsi di verità che non ammettono illusioni. (…) Il paese presepe è finito, frantumato, smembrato, esploso, svuotato. Le sue schegge hanno costruito nuovi abitati, nuovi mondi. Molte di queste schegge tornano, profondamente mutate, all’indietro, alla ricerca del corpo perduto, che non troveranno, alla ricerca di un’impossibile riconciliazione e ricomposizione. Ma ogni ritorno è un nuovo inizio”.

http://www.treccani.it/…/Il_senso_della_restanza.html