Inizia l’inverno e pensiamo all’estate. A un’estate che dura a lungo. Persiste, rispunta, punge, l’estate che non vuole finire in Calabria. Come il Fico d’India, che sorge spontaneo vicino al mare, da agosto a ottobre, generato da un sole che nutre generoso, senza bruciare.

Viene da lontano, dalle Americhe, o forse portato come tanti altri doni dagli Arabi, ma qui ha attecchito bene, tenace, spinoso, sgraziato, brutto. Eppure succoso, dolce, polposo.
È diuretico, rigenerante, riequilibrante, cura il nervosismo, la depressione, l’astenia psichica, utile quindi per la fiacca autunnale.

Il Fico d’India scopre i suoi colori sgargianti, gialli, rossi, viola, solo a chi osa avvicinarsi, ma non troppo. Ostile, infestante, sospettoso, è un ottimo guardiano per i confini dei terreni.
Ma di questo albero sontuoso non si butta nulla: la “pala”, perché foglia non si riesce proprio a chiamarla, diventa verdura, la buccia conserva, i fiori insalata o decotto, e i frutti si trasformano anche in marmellata e granite.

Sì, il Fico d’India viene da lontano, ma è appartenuto subito a questa terra, simile in tutto ad essa, ricco di insospettabili tesori e di graffianti spine.