«Enotria» è l’antico nome della Calabria: significa «terra del vino» e, sin dall’origine del nome, è stretto il legame che lega il “succo d’uva” al territorio.

Il rapporto tra il vino e la terra calabra è un viaggio tra storia e mito: è grazie alle influenze della Magna Grecia che inizia la storia della produzione vinicola in Calabria.

La storia e il mito vogliono che il Krimisa (un lontano antenato del vino che giunge ai giorni nostri con la denominazione di Cirò) fosse stato eletto a bevanda ufficiale delle Olimpiadi e venisse offerto ai partecipanti più bravi e talentuosi. È proprio nell’attuale Cirò che i greci fondarono Krimisa, dove vollero edificare un tempio dedicato a Dioniso, dio del vino.

Nella società greca arcaica il vino costituiva un elemento fondamentale per l’alimentazione, per il vivere sociale e per la sfera di rituali, come il banchetto, connesso nell’antichità, non solo alla sfera del privato ma anche ai contesti sacri.

Le testimonianze archeologiche in Calabria documentano un rapporto profondo tra l’uomo e il vino e la coltivazione  della vite mantenne un ruolo predominante nell’economia agricola anche in età medioevale e moderna.

Oggi i vitigni più coltivati in Calabria sono a bacca nera, e più precisamente il Gaglioppo, il Nerello Mascalese, il Greco Nero, il Syrah e il Nerello Cappuccio e rappresentano circa l’80% della produzione. I vitigni bianchi coltivati in regione sono il Greco Bianco, il Trebbiano Toscano, il Montonico e la Guernaccia. E tante e celebri le cantine, ne citiamo alcune: • Librandi Wine • Tenuta Iuzzolini • Azienda Vinicola Tramontana • Ferrocinto • Baroni Capoano • Vini Serracavallo • Senatore Vini • Cantine Statti • Spadafora 1915 • CasaComerci • Cantine Lavorata • Colacino Wines • Casa Vinicola Criserà • Le Moire • Ippolito 1845 – A wine, a story. • Cantine Lento • Cantina Russo & Longo.

“Vino pazzo che suole spingere anche l’uomo molto saggio a intonare una canzone e a ridere di gusto, e lo manda su a danzare, e lascia sfuggire qualche parola che era meglio tacere”.

Omero, Odissea

E tu cosa bevi? Cin cin!