Qualcosa ti è andato storto? Sei caduto? Hai perso una cosa importante?
Forse sei stato “adocchiato”!
La nostra cultura popolare è piena di storie e detti sul “malocchio” (“la carica d’influenze negative che certe persone invidiose mandano con il semplice sguardo”) e di rimedi per toglierlo, riti, gesti, oggetti, maschere apotropaiche e naturalmente… peperoncino!
«Fra le tante credulità greche, ereditate dalla nostra società agricola pastorale del passato, distinguiamo il fàscino (dal latino fàscinum, malìa) – dovuto talvolta allo sguardo involontario che colpisce con una lode specialmente i piccoli – dalla jettatura (dal latino jàcio, getto) – cattivo influsso determinato dalla presenza di certe persone».
Una sfumatura del malocchio è ‘u pìcciu (la molestia) che si manifesta con sottili parole d’invidia verso chi ha successo (“Chi furtuna chi ‘nd’eppi!” – Quale fortuna ha avuto!).
Diversi proverbi calabresi esprimono la preoccupazione per la jella.
Eccone qualcuno che ha come oggetto gli animali:
“Mègghiu di’ cani muzzicati, ca di mali vicini ‘mbidiati”. (È preferibile venire azzannati dai cani che essere invidiati dai cattivi vicini).
“Non duvi sedi, ma duvi meri la pìgula feri”. (La civetta è di cattivo auspicio non dove si posa ma dove indirizza lo sguardo).
“Quandu canta ‘a gadina, ‘a casa è china”. (Quando la gallina imita il gallo in casa si raduna parecchia gente per lutto)».
Allora come fare a toglierlo? Solitamente sono le donne le custodi dell’antico rito (ma anche gli uomini con una spiccata “sensibilità”), tramandato a voce a pochi e solo nella notte di Natale…
Su una bacinella colma d’acqua, chi esegue il rito compie per tre volte consecutive il Segno della Croce con la mano e ripete lo stesso gesto sul capo della persona adocchiata, passandovi anche il recipiente; poi recita tre Gloria, un Pater Noster, il Credo e a un certo punto col pollice fa cadere nell’acqua tre stille d’olio di oliva, ed ecco la giaculatoria liberatrice:
“Nesci, occhiu smalidittu,
pemmu trasi Gesù Cristu.
Pe’ lu nomi di Gesù,
nesci malocchiu e non tornari cchiù.
E pe’ la Santa Notti di Natali,
mu squagghi (sciolga) comu l’unda di lu mari.
Occhiu, malocchiu, malincunia:
nesci malocchiu di la vita mia,
e pe’ la Santa Notti di Natali
mu squagghi comu l’una di lu mari!”
Come disse il grande Eduardo De Filippo: “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”.
(Fonti: Domenico Caruso, “Brutium”)