L’appuntamento della XXVIII Stagione Teatrale della Locride a cura del CTM

I prossimi 28 e 29 agosto andrà in scena, nell’ambito della XXVIII Stagione Teatrale della Locride 2018-2019 a cura del Centro Teatrale Meridionale per la Direzione artistica di Domenico Pantano, un capolavoro immortale: l’Antigone di Sofocle.

Il suggestivo scenario del Tempio di Marasà di Locri, martedì 28 agosto, e il cielo stellato sul Teatro al Castello di Roccella Ionica, mercoledì 29 agosto, faranno da poetica cornice alla rappresentazione che vedrà protagonisti: Jun Ichikawa, Maurizio Palladino, Renato Campese, Maria Cristina Fioretti, Alberto Caramel, Silvia Falabella e Filippo Velardi.

 

Lo spettacolo, prodotto dal Centro Teatrale Meridionale, con l’adattamento e la regia di Giuseppe Argirò, ha già conquistato le platee di numerosi e importanti teatri.

Antigone è la prima ribelle nella storia della letteratura, che osa seppellire il cadavere del fratello Polinice, nonostante il divieto imposto dal tiranno Creonte. Il suo destino è segnato ma questo non le impedisce di fare quello che ritiene doveroso, andando incontro al suo destino con consapevolezza e lucidità.

Antigone, che difende i vincoli di sangue e le ragioni della pietà familiare, si scontra con l’ottusità della ragione di Stato, incarnando il diritto “naturale” contro quello “positivo”, rappresentando l’ideale dell’eroina tragica.  Antigone combatte la sopraffazione, l’abuso e rappresenta l’elogio della disobbedienza.

Lo spettacolo, quindi, affronta il tema dei diritti umani, della pena di morte e del coraggio di lottare per sovvertire le regole ingiuste con la disobbedienza civile. In scena campeggia lo spettro di una detenzione ingiusta e di una condanna iniqua, una condanna capitale. Lo scenario è dunque quello di un conflitto, ma sfugge volutamente a una connotazione precisa, per alludere metaforicamente a ogni esperienza bellica che colpisce il singolo individuo, e l’intera collettività.

Gli spettatori assistono alla fine di Antigone esattamente come i parenti delle vittime assistono alle esecuzioni. L’eroina tebana, murata viva va incontro ad una morte senza redenzione, accompagnata dalla commozione degli spettatori presenti, affermando il valore rituale del teatro, ben evocato dalla regia immaginifica di Argirò e dall’elegante disegno luci di Giovanna Venzi quasi a ricongiungere la civiltà pagana con quella cristiana, creando una ricomposizione del tempo del mito e del tempo della storia, affermando così la mancata evoluzione del genere umano.

Ancora una volta i Greci ci parlano da lontano e tracciano la via che unisce passato e presente: da questa convinzione parte il progetto scenico di Giuseppe Argirò, volto alla riscrittura del tragico nel Novecento.

Una raffinata messa in scena, dal forte impatto visivo, un elogio alla forza e alla giustizia, che nella figura di Antigone divengono strumento di libertà ed espressione di sé.