Una illusione di rara bellezza attraversa lo Stretto, nelle giornate in cui l’aria è limpida e la luce del sole, riflettendosi sul mare, produce un effetto simile a un miraggio.

Tanto che le terre della vicina Sicilia, in tali giornate, da Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Scilla, Bagnara, Seminara, Palmi, appaiono a un passo dallo stivale.

È la magia della Fata Morgana, la fata delle acque, che abita nelle torri che si manifestano in maniera improvvisa e fuggevole all’occhio umano.

La leggenda narra che durante le invasioni alto medioevali, in agosto, un re barbaro giunto a Reggio Calabria vide all’orizzonte la Sicilia e si domandò come raggiungerla, quando una donna molto bella fece apparire l’isola a due passi dal re conquistatore. Costui allora si gettò in acqua, convinto di potervi arrivare con un paio di bracciate, ma l’incanto si ruppe e lui morì affogato.

Un’altra versione narra che nel 1060 Fata Morgana si propose di aiutare il condottiero normanno Ruggero d’Altavilla per liberare la Sicilia dalla dominazione musulmana: Ruggero la vide salire su un carro bianco e azzurro misteriosamente apparso, tirato da sette cavalli bianchi con le criniere azzurre.

Chi abita nello Stretto sa che Morgana era la sorellastra di re Artù. Arrivarono in Sicilia dalla Bretagna, su una barca che aveva l’antico simbolo celtico della triscele, un essere con tre gambe che oggi è diventato simbolo dell’isola ma anche del viaggio che unì il nord al sud dell’Europa, i normanni e i siciliani. Artù decise di restare a vivere sull’isola e Morgana, preoccupata che qualcuno potesse attaccarlo, decise invece di fermarsi al centro dello Stretto, in un castello subacqueo, a guardia del fratello e della Sicilia.

Ogni volta che Morgana sente un pericolo avvicinarsi ad Artù, crea uno specchio tra cielo e mare: il miraggio della fata Morgana.

Che qui si parla di un incantamento 
sulle rive splendenti dello Stretto,
un’antica magia che viene dal Nord, 
perfida malia. 
Tremula sale dagli abissi
a ingannar gli animi bramosi
di cavalier in armi
che brandiscono ferri e abbagli. 
Morgana bella trama.
Rive placide
castelli in aria,
palazzi adorni di preziose gemme
terre colme di limoni e arance.
L’inganno è luminoso di azzurri e di rosa
e bianche balenano le spade
come le spume di un mare che a un tratto
periglioso si fa.
Morgana bella ride.
Sui marosi 
che ingoiano le armature,
sui volti velati dallo spavento, 
sulla morte che a un tratto 
tende la mano
e pietosa si fa. 
Non c’è ponte in questo mare,
non c’è verità in questo luogo
non c’è dominio sulla follia.
Tutto si dissolve, annega e ritorna.
E Morgana bella, suadente, ancora qui sta.
Oriana Schembari